Loka Wayan, nome dato a tutti i primogeniti, è un uomo di 35 anni che vive in una piccola località di Bali, raggiungibile a piedi quando c’è la bassa marea, oppure in barca quando l’oceano non lo permette. Ha una moglie, molto più giovane di lui e due figlie che lo aspettano tutte le sere per cenare sedute su di un canovaccio ricoperto di ciotole di terracotta, piene di pesce, riso, verdura e frutta. Ogni mattina insieme alla sua amata prepara un’offerta di fiori nel sacrario di casa, per ringraziare gli dei. Lui crede infatti di essere la reincarnazione di suo bisnonno ed ha paura delle tigri.
Loka è mio amico.
Quando l’ho conosciuto la prima volta mi ha colpito il suo viso, cosi maturo per la sua età, ma sorridente e luminoso. Era vestito con l’abito tradizionale di Bali, che anche per gli uomini, come per le donne, consiste in una lunga gonna colorata, legata alla vita come un pareo. La sua allegria e semplicità fecero in modo che tra noi scattasse istantaneamente una particolare sintonia. Mi accompagnò ovunque, raccontandomi tutte quelle storie della sua isola, ancestrali e misteriose.
Durante le nostre “avventure”, mi descrisse tutto della sua tradizione , dei rituali e delle credenze del suo popolo. Le sue parole risuonavamo in me come qualcosa di magico, qualcosa che forse non riuscivo a capire a pieno, perché cosi diverso dalla mia vita e da quello in cui avevo sempre creduto. La natura, il cielo, gli animali diventavano degli dei meravigliosi capaci di governare le vite degli uomini, e le giornate erano un susseguirsi di amore e lavoro per ringraziare ciò di cui si disponeva. Immersa in quell’atmosfera anche a me sembrava che il cielo e la natura volessero dirmi qualcosa, e cercavo di carpire i pensieri del mio nuovo amico, con la speranza di imparare qualcosa di unico.
La mia curiosità era quasi estenuante, continuavo a domandare e volere che mi spiegasse tutto di quei posti incantevoli. Nei nostri discorsi Loka mi descrisse anche il giorno del suo matrimonio, durante la cui cerimonia fu sottoposto alla limatura dei denti, così come la sua sposa.
Mi raccontò tutto, fin nei minimi particolari, e ne rimasi cosi estatasiata che lui capì subito dai miei occhi di quindicenne che avrei tanto voluto poter partecipare anche io a questo rito. Mancavano pochi giorni alla mia partenza e Loka ci propose di andare con lui sulla sua “isola”. Arrivati, mi pervase un odore intenso, di pelle , di sudore, di lavoro, e mi stupì la visione meravigliosa, mentre noi eravamo in barca, di alcune donne che portavano dei cesti e che camminavano nelle pieghe della sabbia rimasta scoperta dalla bassa marea. Loka ci disse che avremmo dovuto fare presto perchè da lì a poco l’acqua si sarebbe del tutto ritratta e noi dovevamo ancora raggiungere casa sua. Mangiammo con lui e la sua famiglia, ovviamente seduti per terra, sui canovacci. Dopodichè la moglie di Loka condusse me, mia madre e mia sorella in una stanza, mentre lui rimase con mio padre. Non capivo che cosa stesse succedendo, mi ricordo solo che la donna, con il viso dolce di chi cerca di farsi intendere senza parole, allungò dei vestiti tutti colorati e ci fece capire che dovevamo indossarli. Iniziai a vestirmi. Prima infilai la gonna , che assomigliava ad un pareo tutto finemente decorato, e che mi fu stretta ai fianchi. Era talmente lunga che non riuscivo quasi più a camminare liberamente. Poi la camicia, tutta filata ad uncinetto e di colore diverso per ognuna di noi. Uscimmo dalla stanza e vidi mio padre che nel frattempo aveva dovuto indossare anche lui una camicia bianca e la gonna. Ora eravamo tutti pronti. Ma pronti per cosa?
Loka ci disse” siete pronti per un vero matrimonio balinese”.Ero contentissima. I miei desideri erano stati esauditi, e finalmente avrei provato e vissuto qualcosa che per il mio amico era stato cosi importante. Quell’esperienza mi diede la convinzione, che oramai mi porto dietro da anni, che per conoscere una situazione o un popolo, devi vivere, sentire e emozionarti delle stesse loro esperienze. Non si può giudicare qualcuno, o qualcosa, se realmente non si sa chi sia quel qualcuno, o quel qualcosa.
Uscimmo con Loka e la sua famiglia e ci dirigemmo verso la casa della sposa. Sulla via incontrammo dei ragazzi, vestiti con la divisa della scuola, che guardandoci accennarono un sorriso, probabilmente dovuto al fatto che eravamo gli unici di pelle chiara su quelle strade o, molto probabilmente per la nostra buffa camminata.
Il matrimonio fu qualcosa di assolutamente nuovo per i miei occhi. Mi ricordo che durante tutta la cerimonia, che non durò più di mezz’ora, una donna dai lineamenti stanchi, ma con due occhi molto vividi, continuava a fissarmi, come se fossi io la rarità in quell’evento.. e molto probabilmente dal suo punto di vista lo ero veramente.
Ebbi allora la percezione di come ogni situazione può essere vissuta da diversi punti di vista, e di come ciò che per me poteva essere strano e sconosciuto, lo era anche per qualcun altro nei miei confronti. Nonostante questa realtà, mi sentivo accettata ed ero piena di gioia per aver avuto la possibilità di entrare nel loro mondo.
Dopo quel giorno Loka ci portò a visitare altri meravigliosi luoghi della sua Bali, un’isola di forti contrasti, dove la povertà e la felicità convivono. Per esempio a Gua Lawah, la grotta dei pipistrelli, dove il verso di questi animali è accompagnato dalle voci festanti dei bambini che sulla spiaggia vendono collanine, chiedendo in cambio un “marco polo”. Ed ancora il mercato tradizionale di Denpasar, bancarelle disposte una sopra l’altra, dove le donne, sempre sorridenti, vendono le loro stoffe e i prodotti della loro terra, mentre cercano di difendersi dal caldo torrido e dagli insetti.
Sono tante le immagini che porto dietro di questo viaggio e che dovrei descrivere, ma più di tutte queste mi piace poter ricordare le sensazioni, che Loka ed il suo popolo mi hanno trasmesso: gioia di vivere, amore per la loro terra e per ciò che li circonda e ringraziamento per quello che hanno, che ai nostri occhi invece potrebbe sembrare poco. Un insegnamento di vita che conserverò sempre.
|