Sposto la spessa tenda bordeuax della mia camera e vedo la pioggia intensa cadere sul cotto del balconcino e sui coppi dei tetti delle case. Penso che saranno in pochi a voler camminare sotto quest'acqua, penso che forse si dovrà proporre un itinerario alternativo, penso che questo viaggio forse sia finito... ma non è così, lo spirito generale è quello giusto, in molti vogliono continuare, la pioggia non batte abbastanza. Definizione di pellegrino: chi parte per luoghi considerati sacri “facendosi straniero” e di questa condizione si assume le fatiche e i rischi, sia interiori che materiali, in vista di raggiungimenti spirituali. Partiamo da Biscina là dove avevamo interrotto il giorno avanti; coprizaini giallo fluo, mantelline coi mandala dell'Ikea, giacche a vento e ombrellini, di quelli che si rovesciano col vento, ma che nel bosco vanno benissimo. Io ho anche le ghette, che in Trentino si usano solo per la neve, perchè di fango come qui non se ne trova. Laura e Miriam, in testa come sempre, intonano subito un paio di canti per scacciare eventuali residue ombre di malumore per il maltempo: uno scoiattolo ci attraversa la strada. Adriano contempla la situazione con divertimento ed incanto, ama sentire forte la natura e la pioggia energica in questo lo favorisce. Dal castello dei Coccorano scendiamo per la strada comoda inghiaiata, che con pendenze lievi si porta sul fianco di un colle: la nebbia sale dalla valle in morbidi batuffoli che accarezzano le distese di grano. Il castello ora più in alto alle nostre spalle, sparisce pian piano alla vista. La pioggia si fa più sottile, si è incerti se tenere su i cappucci o meno e poco più avanti si trova il modo di far foto tra una colonia di alti cardi fioriti. La strada si fa sentiero e col sentiero torna il fango scivoloso, meno male che nei punti più ripidi ci sono degli scalini in legno, perchè già così stare in piedi è un'impresa; immagino che sia un po' più semplice per gli amici fiemmesi, che fantastico siano nati con gli sci ai piedi. La diga di Valfabbrica, sbarramento di un lago che non c'è, ma che promette l'assessore Fernanda Cecchini nel 2017 ci sarà, attira la nostra attenzione e i nostri discorsi, finchè giungiamo alla grande strada asfaltata, che percorriamo tutti serenamente sparpagliati dato che è chiusa, da anni. Decidiamo insieme di non salire a Coccorano, si teme forse il fango più che la pioggia e veloci si prosegue verso la Barcaccia, non prima di aver giocato ad 1-2-3 stella!
La Barcaccia c'è davvero, sta sotto una tettoia in lamiera, è una sorta di chiatta che permetteva, prima dei motori, di attraversare il Chiascio. Mangiamo riparati sotto una tettoia, che protegge anche degli attrezzi agricoli: esce la padrona e ci viene incontro apposta per raccomandarsi di non lasciare sporco. Non sembra un tipo affabile. Peccato, perchè avevamo mirato il suo albero di ciliegie... Usciamo dalla tettoia e non piove più, anzi arriva presto addirittura il sole a premiarci, scaldando gli ultimi passi verso Valfabbrica. La pia cicala di Fosco Maraini ci ricorda di vivere l'attimo e di non fare le formiche ammucchiarone. Oggi abbiamo avuto gocce d'acqua sul viso, cantato nella pioggia e respirato nebbia. Siamo scivolati sul fango, ansimato in salita, letto poesie. Ed infine abbiamo chiuso gli occhi, testa indietro e faccia al sole. Siamo stati per un giorno cicale.
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