Il cielo è scuro sopra Assisi, pioviggina. Sono quasi sicuro sarà una giornata piovosa, ma stamattina all'appello non manca nessuno, perchè è l'ultima tappa di questo cammino e tutti ci tengono ad esserci. Garden Hotel, zaini giù, Bus Jacopi molto vintage, ma l'autista è locale, fa una scorciatoia e siamo presto a Valfabbrica. Qualche gocciolina si poggia sul grande vetro, ma non sono abbastanza da azionare il tergicristalli. Scendiamo, ci prepariamo, partiamo e ci metto qualche minuto per sorprendermi del fatto che non sta piovendo. Qualche timbro sulla credenziale all'ostello e ci mettiamo in cammino: Alide proprio uscendo dal borgo mi ringrazia di averle fatto conoscere un'app che permette di riconoscere fiori e piante fotografandoli. Mi metto subito di buon'umore, mi piace contribuire ad alimentare le passioni altrui. Passiamo sul Chiascio ed entriamo nel “fosso delle lupe”, che avevo annunciato per errore come “fosso dei lupi”, ma Ettore fa anche notare che se ci sono le prime ci saranno di sicuro anche i secondi. Comincia il fango, fedele compagno di queste giornate, ed iniziamo a salire con il ruscello che scorre alla nostra sinistra e a tratti lascia intravedere tra le acque trasparenti le concrezioni carbonatiche su cui scorre. La stretta valle è umida, grandi ombrelli di farfaraccio, strappabraghe, rovi e una piccola palude, della quale si intravedono le punte delle cannicciole oltre il filo spinato di una recinzione: da qui proviene un deciso canto di raganelle. Incontriamo due pellegrine tedesche, sorridenti, che poi incroceremo più avanti diverse volte. Terminiamo la salita e dietro di noi, lontano sopra le fronde degli alberi, il castello di Biscina. Qui si apre il paesaggio, il bosco lascia spazio ad ampie radure coltivate e si cominciano a trovare i primi oliveti. D'improvviso compare Assisi, la rocca e il sacro convento: si fanno foto, si vuole fermare il momento, ma c'è un po' di foschia. Ora si sta bene, il sole è velato, non fa caldo e camminare tra le ginestre è un piacere. Ci si infanga nel vigneto di Re Artù e si pranza lì sui prati e lungo la stradina di fianco al vigneto. Assisi ora è davvero vicina, superiamo la statua di San Pio e arriviamo al Ponte di Santa Croce, all'ingresso del bosco di San Francesco, dove la Dona ci aspetta. Sosta all'Osteria, un mulino medievale ristrutturato di recente, invadiamo due tavolate, assaliamo con educazione un gelso che ha talmente tante more che non risente del nostro saccheggio e mi improvviso cameriere nel prendere le ordinazioni dei caffè: l'osteria è piena e i ragazzi che servono ai tavoli sono solo due. Le signore tedesche che non hanno avuto la nostra stessa intraprendenza aspetteranno mezz'ora per la loro ordinazione. All'ingresso del Bosco c'è una biglietteria con bookshop, mentre si fanno i biglietti qualcuno mi mette davanti al viso Camminare di Thoreau, proprio quello del tramonto paradisiaco della tappa di Pietralunga. E c'è anche Walden, di cui avevamo letto un estratto nella prima tappa! Molti lo comprano, il direttore corre a cercarne altri in magazzino, glieli facciamo finire: sono felice, quelle due brevissime letture, con la loro bellezza avevano contagiato tutti. Prendiamo il sentiero lungo il fiume, che gorgoglia in alcune cascatelle, e giunti al Terzo Paradiso saliamo alla torre per fotografare i 121 olivi dall'alto. Tornando al ponte passiamo per un prato incredibile, interamente tappezzato di fiorellini. Il Fai ha aiutato questo luogo e la natura ha ringraziato così. Guardiamo Assisi, manca l'ultima breve salita e si sono addensati grossi nuvoloni neri: la prenderemo sul finale, è sicuro. Cerchiamo di salire veloci sullo splendido sentiero ma l'acqua arriva abbondante in breve tempo. Mantelline e ombrelli, finito il problema. Valichiamo il muro della Basilica, siamo arrivati. L'entrata trionfale che mi ero immaginato è impedita dalla presenza di transenne per via di un concerto che ci sarà la sera e non entriamo nemmeno in basilica perchè ci sono i controlli e molti negli zaini hanno coltelli. Per il formaggio e cogliere i funghi, ma giustamente son sempre coltelli. Allora attraversiamo la città, come sempre invasa di turisti, e usciamo da lato opposto per raggiungere la nostra vera meta finale, San Damiano. Lì ci permettono di celebrare una messa privata. E' il momento conclusivo del nostro viaggio, il più intenso. Tutti radunati in una piccolissima chiesa, cantiamo insieme, ascoltiamo le parole di Padre Paolo: semplicità e umiltà, invasi dall'amore di Dio. Nelle intenzioni di preghiera gli ci sono ringraziamenti gli uni per gli altri. E uno per me che mi commuove, anche se non mi faccio vedere. Il Cantico delle Creature letto insieme racchiude l'estasi della natura che abbiamo avuto modo di provare in questa settimana. Il nostro cammino è concluso. Torniamo a casa sicuramente diversi. Torniamo a casa sicuramente più ricchi. Torniamo a casa con l'affetto di tanti nuovi amici.
«Orizzonti di riflessione»