1-17 giugno 2019. Partiti in moto da verona/mantova. Imbarcati a bari per igoumenitsa e rientro da igoumenitsa su Ancona. Attraversato grecia e turchia con sosta ad Istanbul a/r. Tutto on the road una volta sbarcati.
Arrivammo, ci guardammo negli occhi e senza dir nulla capimmo che nessuno di noi aveva mai visto una coda simile. A 20 km dalla frontiera di Sarpi inizia un serpente metallico di TIR che termina solo al border turco. Il nastro d’asfalto, che si snoda sulla costa rocciosa, è una superstrada a due corsie per senso di marcia; e noi, stando su quella di sinistra, superiamo questa fila interminabile e non possiamo rimanere indifferenti davanti a questi camionisti che, a bordo strada, fraternizzano e condividono quello che hanno con i loro compagni di sventura. Sono turchi, russi, georgiani, ucraini, kazaki, turkmeni, uzbeki e addirittura un ceco, un mix di etnie, culture, religioni ed idee che sono lì assieme e vivono tutti uguali ai nostri occhi, a bordo strada, anche dentro le gallerie non fa differenza.
Al nostro arrivo alla frontiera turca le nostre passeggere devono scendere dalle moto; loro devono procedere in una fila separata. Proviamo a discutere, ma non c’è verso, il doganiere scandisce chiare le parole: “drivers only”. Le nostre signore procedono divise da noi in un edificio alla nostra sinistra, mentre noi guidatori procediamo verso i meticolosi controlli di documenti e mezzi. Superiamo la barriera turca e anche se la procedura è lenta ce la sbrighiamo in un’oretta. Appena arriviamo alla barriera georgiana la faccenda si preannuncia tosta: cofani e bauli aperti, in un’ora e mezza passano solo due auto. Il nostro entusiasmo inizia a calare soprattutto perchè anche il pomeriggio volge in sera e non abbiamo notizie delle nostre passeggere. In quella attesa interminabile, in un momento di estraniazione dal gruppo, mi viene un pensiero: “ma come siamo arrivati qui?” E’ una storia personale fatta di una cascata di eventi iniziata ormai nel 2014 al rientro da un viaggio in Turchia. La mente corre veloce a quando organizzammo, con i frequentatori di un forum motociclistico, il pranzo turco nell’ottobre 2014, poi quello greco nel 2017, il gruppo whatsapp, l’espansione del gruppo e, infine, nel 2018 il pranzo sul lago di Garda in cui decidemmo di partire noi sette assieme. Mentre ero perso nei miei pensieri, sento i miei compagni di viaggio scherzare con un poliziotto di frontiera e vengo come svegliato. Fortuna vuole che gli italiani gli facessero simpatia al punto da farci saltare una fila di circa 20 veicoli, salvandoci da molte ore d’attesa. Quando usciamo dalla barriera le nostre compagne sono lì, in mezzo ad una moltitudine di persone diverse e chiassose; è chiaro che lì la Turchia è finita davvero e siamo finalmente arrivati in Georgia. In quella bolgia di genti venute da ogni dove, riusciamo a cambiare due soldi, fare l’assicurazione obbligatoria e partire verso Batumi, la Las Vegas del Mar Nero, in terra di Colchide, che ci ricorda gli studi di mitologia, legati a Giasone ed agli Argonauti alla ricerca del vello d’oro.
Una missione per i bambini.
Prima di partire mi sono imbattuto in una notizia: una confraternita di padri stimmatini gestisce, da anni, un centro diurno per l’educazione di ragazzi in difficoltà economiche a Kutaisi in Georgia. Kutaisi è nel nostro piano di viaggio ed ho creduto fosse una buona azione passare dalla missione per un aiuto a chi ha bisogno. Di contro, sappiamo tutti che in moto l’essenzialità del bagaglio è fondamentale, per cui ho chiesto ai miei compagni di viaggio se stesse bene anche a loro portare del materiale scolastico alla missione. Tutti hanno accettato di procurare penne, matite e colori, così mi sono recato al centro degli stimmatini di Verona per avere i contatti locali e organizzare la consegna. Sebbene da un lato fossimo consci che materialmente il nostro contributo sarebbe stato minimo, dall’altro nutrivamo la fiducia che quanto avremmo portato avrebbe regalato dei sorrisi a questi ragazzi. Al nostro arrivo nella struttura siamo stati accolti da Suor Loredana che ci ha presentato poi tutti i componenti della missione. Non scorderemo mai l’ospitalità e l’ora che abbiamo trascorso tutti insieme.
Verso la Georgia.
Si può arrivare ad Istanbul attraverso due possibili itinerari: per chi ha tempo è possibile via terra attraverso i Balcani, oppure in traghetto sbarcando a Igoumenitsa e poi attraversando la Grecia. A maggio il traghetto che arriva ad Igoumenitsa partendo da Ancona attracca, da piano nautico, alle 09:00. L’esperienza mi ha insegnato che tutti i traghetti verso il porto greco hanno sempre almeno un’ora di ritardo fino ad un massimo di quattro; il che vuol dire che avremmo potuto sbarcare anche attorno alle 11:30. Partire a quell’ora per arrivare ad Istanbul avrebbe significato raggiungere l’hotel ad un’ora troppo tarda. Abbiamo perciò preferito raggiungere Bari il primo giorno ed imbarcarci dal porto pugliese in modo da arrivare in terra greca alle 05:00 del mattino. Egnatia Odos, l’autostrada che taglia la Grecia fino al confine di Ipsala, è lunghissima e come molte altre volte su questa direttrice il meteo è stato inclemente.
Questa è la quinta volta che faccio tappa ad Istanbul, ma per il cuore è sempre la prima e non riesco a non pensare al testo di Guccini: “Me ne andavo l'altra sera, quasi inconsciamente, giù al porto a Bosphoreion là dove si perde la terra dentro al mare fino quasi al niente e poi ritorna terra e non è più occidente”, ed è proprio così, una città unica al mondo seduta su due continenti.
La mattina successiva si parte per Samsun; e, per la prima volta in Turchia al di fuori di Istanbul e Ankara, troviamo un traffico costipato in perfetto stile “venerdì sera autostrada A4” per tutti i 740 km di tappa. E’ l’ultimo giorno di Ramadan e quindi la maggior parte dei turchi festeggia con scampagnate ovunque, anche ai bordi dell’autostrada, ed è per questo che le strade turche sono intasate da ogni tipo veicolo. Arriviamo stanchi ed esausti a Samsun, una città commerciale sulle sponde del mar Nero, nient’altro per noi che un trampolino verso Batumi, e dopo 3000 km da casa, finalmente siamo in Georgia.
In terra georgiana.
Il primo giorno georgiano ci porta a Kutaisi per consegnare il materiale didattico alla missione degli stimmatini, visitare la discussa cattedrale di Bagrati, il monastero di Gelati e poi dirigersi a Gori. Lasciata Batumi e il suo skyline americano, prendiamo la “strada delle montagne” che, passando per Ozurgeti, arriva a Kutaisi. La cattedrale di Bagrati, sopra alla città, ha subito diversi restauri di cui l’ultimo è oggetto di grosse discussioni, mentre il vicino monastero di Gelati è stato oggetto di un lavoro meno invasivo e più conservativo.
Dopo Gori, visitiamo l’eccezionale sito di Uplistsikhe. Questo luogo risulta abitato dall’età del ferro fino al tardo medioevo e porta con sé le tracce di tutte le culture che lo hanno contaminato e la coesistenza di architetture pagane e cristiane. Arrivati a Mtskheta, dopo un pasto frugale, visitiamo la leggendaria cattedrale di Svetitskhoveli che, secondo la tradizione, custodirebbe la tunica di Cristo e la colonna di albero di cedro che sorse nel punto in cui fu seppellita santa Sidonia con addosso la sacra tunica. L’ultima tappa prima di recarsi a Tbilisi è il Monastero di Jvari che domina la Mtskheta, sorta sulla confluenza dei due fiumi Mt'k'vari e Aragvi.
La Vitis vinifera fu coltivata, per la prima volta nella storia, nella zona del Kakheti, per la produzione del vino “su larga scala”. Questa zona si trova tra le catene del piccolo e grande Caucaso ed è visitabile tramite le strade 842 e 869. La zona è inoltre impreziosita dal Monastero di Alaverdi e dalla fortezza di Gremi e, noi, dopo quelle visite, terminiamo la mattinata a Sighnaghi per il pranzo. Il viaggio non avrebbe avuto la sufficiente quantità di sale se non ci fosse stato almeno un piccolo inconveniente. Proprio in questa cittadina, arroccata su un promontorio che domina le due vallate, una delle nostre moto fora al posteriore. Nonostante il kit di riparazione non riusciamo a bloccare la perdita di aria e ci dobbiamo dirigere verso l’officina di un gommista. Dopo i convenevoli iniziali, grazie alla miracolosa funzione “conversazione” di Google Translator, si crea un’atmosfera molto distesa, amichevole e collaborativa al punto che oltre ad offrirci la riparazione, l’artigiano, ci invita pure a cena a casa sua. Quello che si dice l’ospitalità georgiana!
Tbilisi.
Tbilisi è la sorpresa di questo viaggio. Una città viva, cosmopolita in cui la sera le persone del luogo ed i turisti invadono le vie pedonali per fermarsi nei ristoranti, pub e shisha bar. Ci sono inoltre innumerevoli musicisti che si esibiscono ovunque, creando così una piacevole atmosfera di relax.
La diversità culturale di Tbilisi è inoltre rispecchiata nelle sue architetture, da quelle antiche di chiara influenza musulmana, a quelle della cristianità, dei regni georgiani, tutto incastonato su per la roccia, con le casette di mattoni o di legno colorate, le vie di ciottoli e le verande. Ma, oltre all’antico, ci sono edifici moderni di acciaio e vetro molto interessanti che mostrano il ponte verso il futuro che questa capitale vuole proiettare. Come “il ponte della pace”, opera di Michele de Lucchi che, assieme al teatro del romano studio Fuksas, ci fanno sentire ancora più vicini ed amici di questo popolo. Quello che più sorprende sono la gentilezza e la grazia dei modi che ci ricordano “l’educazione di una volta”.
Da non perdere la fortezza di Narikala, la cattedrale di San Giorgio e la basilica di Santa Maria Anchiskhati.
Alloggio:
Hotel Opinion, Ioane Shavteli St, T'bilisi, Georgia, http://hotelopinion.tbilisihotels.website/
Cena:
Old City Wall, 2 Shota Nishnianidze St, T'bilisi, Georgia
Per un drink:
Cafe Linville, 4/6 Gia Abesadze St, T'bilisi, Georgia
In terra armena.
Entriamo in Armenia, piccolo paese dalle grandi montagne, dalla frontiera di Bagratashen e la qualità delle strade si nota dopo poche centinaia di metri. La M6 è in completo rifacimento per i primi 90 km; di questi, alcuni lunghi pezzi, sono completamente privi di asfalto. La qualità media delle strade così scarsa non ci permette di stimare correttamente i tempi di percorrenza. Bisogna pensare che siano alla stregua di buone piste sterrate.
Dopo il brusco impatto iniziale, la cosa che impressiona dell’Armenia sono i panorami e i suoi meravigliosi monasteri edificati in posizioni remote e spettacolari.
Il primo itinerario armeno prevede di lasciare Tbilisi, imboccare la M6 e visitare il monastero di Alaverdi (da non confondere con il suo omonimo georgiano), scendere sul lago di Sevan e, alla fine, dopo Martuni, prendere la M10 verso sud per arrivare a Jermuk, località termale e di villeggiatura, nota per le sue sorgenti calde ed il bellissimo paesaggio montano. Il lago Sevan è vasto e meraviglioso, di un colore azzurro che, nonostante il cielo plumbeo che minaccia tempesta, mi ricorda molto il lago di Van, nella vicina Turchia; ma quando si sale sulla M10 l’ambiente diventa mozzafiato. Siamo su un altopiano a più di 2100 metri con le cime innevate a poco più di uno sfioro di mano. Appena l’altopiano finisce la strada si snoda nella vallata; la vista che ci si presenta è talmente unica che tutti sentiamo la necessità di fermare le moto e contemplarla. La M10 da quel punto fino a valle è una goduria per gli occhi e per la guida, fino a quando interseca la M2, che ci infila in un canyon roccioso.
L’indomani abbiamo due visite importanti in Armenia: i monasteri di Tatev e di Khor Virap. La strada che da Jermuk arriva a Tatev è semplicemente spettacolare, svalica due passi montani tra catene montuose imponenti e innevate. L’arrivo a Tatev, che può avvenire anche tramite la spettacolare funivia “Wings of Tatev”, toglie il fiato. Questo monastero sullo sperone a picco sulla valle, domina incontrastato tutto il vasto territorio che lo circonda. E quando si guarda Tatev, incastonato sul dirupo, non si può non pensare ai versi leopardeschi “[...] Sorgi la sera, e vai, contemplando i deserti; indi ti posi. Ancor non sei tu paga di riandare i sempiterni calli? Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga di mirar queste valli?[...]” nel “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia”. Purtroppo per andare al Khor Virap dobbiamo percorrere a ritroso la M2 fino ad Arpi per poi costeggiare il confine turco fino al monastero sorto sul luogo che vide San Gregorio rinchiuso per molti anni. Al monastero ci si avvicina lentamente dalla strada che da’ la prospettiva migliore: monastero rialzato dalla vallata e, sullo sfondo, l’imponente doppia cima del monte Ararat, che contempliamo rapiti per il carico di storia e suggestioni che porta con sé.
Yerevan e i suoi dintorni.
Yerevan, città di contrasti. E’ tanta la strada che questa capitale deve percorrere, dalle sue antiche origini (nel 2020 si festeggia il 2800° dalla fondazione), per affermare la sua nuova personalità moderna. Molte donazioni da esuli facoltosi la colmano di attrattive che la rendono non trascurabile. La galleria d'arte nazionale, la bella scalinata “Cascade”, con l’annesso centro d’arte Cafesjian ma, in primis, la grande biblioteca Matenadaran sede di prestigiosi manoscritti antichi. I dintorni, poi, non sono da meno.
A pochi km ad ovest della città si trova Echmiadzin, il Vaticano della chiesa Armena, luogo in cui Surp Grigor Lusavorich vide il Cristo scagliare il martello dorato per indicargli dove costruire la Mayr Tachar. All’interno della Santa Sede sono conservati molte reliquie tra cui due pezzi della Vera Croce, la punta della lancia di Longino e un resto dell’Arca di Noè. La visita è molto toccante soprattutto se si ricorda la storia del genocidio armeno e di tutte le vicissitudini che il popolo dell’Armenia ha dovuto subire.
Le rovine della Cattedrale di Zvartnots, poco distanti, sono un’altra attrazione che lascia a bocca aperta. Ancora oggi, infatti, è considerata (sebbene solo in rovine a causa di un grosso terremoto nel 930 d.C.) una delle chiese più belle al mondo. Qui furono custodite le spoglie di San Gregorio l’Illuminatore.
Il tempio di Garni, dalla parte opposta della città, è una struttura ellenistica dedicata al dio Mitra che si erge su un promontorio roccioso a picco sulla valle. Oltre alla bellezza del monumento e dell’ambiente che lo circonda, il valore di questo tempio dipende dal fatto di essere l’unico dell’epoca greco-romana ad essere totalmente integro.
Proseguendo, la strada si fa tortuosa e ondulata e ci conduce al monastero di Geghard complesso che, per l’ennesima volta, ci ha lasciati basiti. Costruito alla fine di una gola dalle alte pareti rocciose, sbuca ai visitatori, nella sua bellezza, dietro all’ultima curva. La leggenda vuole che fosse custodita qui la lancia di Longino prima di essere trasferita a Echmiadzin. Il sito è costruito parzialmente dentro alla roccia - da cui prende il suo primo nome, Ayrivank -.
Il rientro in Georgia.
Le frontiere turco-armene sono chiuse e non transitabili, per cui il cammino verso casa ci porta, nuovamente, in Georgia. Da Yerevan abbiamo percorso la M1 che costeggia l’Aragats fino alla frontiera di Barva. I circa 200 km scorrono veloci tra i panorami che tanto ci hanno fatto sognare. Arrivati in frontiera, per l’ennesima volta, passeggeri e drivers si devono separare. Questa volta abbastanza velocemente riusciamo a completare tutte le pratiche doganali ma appena messe le ruote fuori dalla frontiera la strada risulta divelta. Buche enormi, assenza di asfalto e mezzi pesanti che stavano lavorando al rifacimento dell’arteria ci hanno fatto rallentare non poco, senza, però, farci rinunciare alla sosta a Vardzia. La M1 all’altezza di Khertvisi, l’imponente fortezza che domina l’intersezione delle due valli, devia nuovamente a sud e, seguendo a mezza costa il fiume sottostante, finisce nell’incredibile città rupestre di Vardzia. Sebbene meno antico di quello di Uplistsikhe, per la storia georgiana, questo sito ricopre un ruolo decisivo. La sera dormiamo ad Akhaltsikhe, dentro al meraviglioso castello ristrutturato. (Hotel Gino Wellness Rabati - Rabati Fortress, kharischirashvili E 691, Akhaltsikhe 0800, Georgia - https://hotel-gino-wellness-rabath-akhaltsikhe.hotelmix.it/). L’indomani mattina, si chiude lo stupefacente capitolo caucasico e ci immergiamo nuovamente in Turchia attraverso la frontiera di Türkgözü.
BOX - Da sapere prima della partenza.
● Serve il passaporto in corso di validità con scadenza ad almeno 6 mesi e quattro pagine libere per i visti.
● Alle frontiere TR/GE e GE/AM bisogna stimare almeno 2 ore di attesa per sbrigare le procedure doganali. Le assicurazioni italiane dei veicoli non valgono in Georgia ed Armenia e bisogna stipularle in loco. Inoltre, in Armenia, è richiesto anche il Carnet de passage, ma alle moto non serve lasciare il deposito bancario, mentre per tutti gli altri veicoli è necessario negoziarlo allo sportello bancario presente alla frontiera.
● Patente internazionale non necessaria ma suggerita
● Per quanto riguarda i rifornimenti, nessun problema. Non abbiamo mai dovuto fare 50 km prima di trovare un distributore. Quasi sempre accettate le carte di credito per i rifornimenti in Georgia, mai in Armenia. Solo Dram. La benzina si trova a 90 e 95 ottani e noi non abbiamo mai trovato a 100 ottani. Prezzi sempre al di sotto di 1€/litro.
● Le strade in Armenia sono generalmente asfaltate ma la qualità è pessima e bisogna considerare di percorrerle con una media leggermente superiore a quella che si terrebbe in una pista sterrata.
● Notazione di carattere tipicamente motociclistico: dalla Turchia in poi gli automobilisti hanno una guida piuttosto aggressiva. Bisogna stare all’occhio. Te li trovi dentro da tutte le parti. Da noi non siamo tanto abituati.
BOX - La cucina georgiana.
● Il Khachapuri è decisamente il piatto nazionale. Una sorta di focaccia che si trova in una grande varietà di forme e dimensioni, dalla classica, a barca, ripiena di formaggio e uova a quella più semplice, rotonda, senza uovo. Ogni regione e ogni famiglia ci mette la sua personale interpretazione.
● Il Puri, invece, è un pane piatto e sottile cotto sulle pareti di un forno di pietra che accompagna tutti i piatti della cucina georgiana.
● Il Badrijani o Nigvziani Badrijani sono delle melanzane fritte ripiene di pasta speziata alle noci e sono un ottimo secondo piatto per i vegetariani, o un contorno sostanzioso.
● I Khinkali sono della specie di ravioli che possono raggiungere anche le dimensioni di un pugno chiuso, sono di consistenza morbida ma saporiti e li si possono ordinare in ogni parte del paese. Di solito vengono farciti con carne blandamente speziata e brodo oppure verdure. Si mangiano reggendoli dal "picciolo" in cima - che non si mangia -.
BOX - Il pane armeno.
Il lavash è una sottile piada morbida fatta di farina, acqua e sale. Non è lievitata e questo la rende molto digeribile. E’ un pane diffuso anche in Azerbaijan ed Iran. Nel 2014 fu inserita dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità. Normalmente lo si può usare per raccogliere il cibo nel pezzo di pane e portarlo così alla bocca come la tradizione del “mangiare all’orientale”. Il lavash secco viene utilizzato, inoltre, durante l'eucaristia nella Chiesa apostolica armena.
BOX. Dove abbiamo dormito.
Batumi.
Hotel Tsereteli. 33 Zurab Gorgiladze, 6000 Batumi. Hotel piacevole e confortevole, colazione abbondante e con parcheggio privato.
Gori.
Guesthouse Savane. Kristopher Castel Street 2, Gori. Struttura carina, pulita con colazione tipica georgiana e parchieggio privato.
Tbilisi.
Hotel Opinion. Ioane Shavteli St, T'bilisi. Hotel molto boutique nel quartire antico della città. Colazione nella media, pargheggio nel vicolo dell’Hotel.
Jermuk.
Hotel Olympia Sanatorium. 16 Shahumyan Street, Jermuk 3701. Bellissima struttura in stile Sovietico, con acque termali e saune. Trattamento in mezza pensione e parcheggio privato.
Yerevan.
Hotel Elysium. 5, 75 0002, Yeznik Koghbatsi St. Hotel discreto, con colazione nella media e pargheggio privato.
Akhaltsikhe.
Hotel Gino Wellness. Rabati Fortress, kharischirashvili E 691, Akhaltsikhe 0800. Hotel con stanze che sono appartamenti, la zona wellness e spa è competitiva con quelle alpine della nostre zone. Pargheggio custodito 24h alla porta della fortezza.
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